Davide contro Golia

a cura di Ugo Baldassarre

Chi ha scelto il formato Micro 4/3 ha ormai fatto il “callo” a certe discussioni, confronti, rapporti che ci sono tra le varie tecnologie attualmente sul mercato, etc. La maggior parte di loro li considera, già da un po’, noiosi e privi di significato reale. Tuttavia, per mia curiosità professionale , visto che non avevo mai provato un formato digitale maggiore del 35mm, ho accettato con entusiasmo di poter provare il mostro, la Fujifilm GFX100, per metterla a confronto con la mia attrezzatura abituale e il mio modo di fotografare.

Sia chiaro fin da subito che scopo di questo articolo non è certo fare un confronto diretto tra i due mezzi, piuttosto tra le due filosofie che vi sono dietro. Non troverete confronti di file, confronti di rumore o altri parametri che qualcuno ritiene oggettivi: vi racconto la mia, breve, esperienza di uso con questo oggetto e cosa è successo durante un set in studio in cui ho scattato con entrambi i sistemi.

 

La GFX100 è una macchina con una dimensione del sensore superiore a quella del Full Frame. Questa differenza introduce un nuovo rapporto di proporzione per le focale che, nel caso specifico, vanno moltiplicate per circa 0,8 per ottenere il valore di focale equivalente corretto.
Se sulla mia E-M1 devo usare un 45 mm per avere una focale equivalente di 90mm, sulla Fuji dovrò utilizzare una focale di 110mm per ottenere la stessa inquadratura.
Questa differenza si ripercuote, ovviamente, anche sulla gestione della PDC che è ancora più estremizzata, in questo formato (cosa che di fatto costringe a chiudere più del solito il diaframma, insomma).

Il formato adottato per questa macchina fotografica, quindi, necessità di corpi e lenti di grossi dimensioni, in totale contrapposizione con la filosofia Micro4/3.
Quello che mi aveva incuriosito di questa GFX era sicuramente l’approccio costruttivo adottato: contrariamente a molti altri prodotti similari (questo formato non è nato certo oggi), la GFX100 punta ad avere una approccio all’uso e una ergonomia “normali”, non la classica MedioFormato da usare su solidi tripod o altri solidi supporti.
La macchina infatti ha un aspetto molto simile a quello di una normale professionale con impugnatura maggiorata e battery grip integrato nel corpo macchina per lo scatto verticale.
E qui sono iniziati i  primi “mah”, almeno per il sottoscritto.
Pur senza scomodare sua maestà E-M1X, già la E-M1 MarkII + HLD 9 ha una ergonomia nettamente superiore. La GFX ha la forma ma non il peso di una fotocamera comoda in mano: pur sembrando progettata per essere usata comodamente di fatto è pesante ma, soprattutto, sbilanciata.
I tasti non erano comodi da raggiungere, in definitiva l’ho trovata davvero poco ergonomica.

Olympus E-M1 Mark II

 

ATTENZIONE: le mie parole vanno lette nell’ottica di un utilizzatore di un altro sistema. E’ normale che le mie mani ormai si siano plasmate sulla forma delle Olympus, tuttavia la sensazione che tutto non fosse disposto comodamente è rimasta impressa in me senza attenuanti. Per un utilizzatore abituale di medioformato, probabilmente, la GFX sembrerà un guanto.

La velocità operativa dei due sistemi, è risultata, completamente differente. Con la mia Em1 Mark2 mi muovo rapido, cambio inquadratura, mi avvicino, mi allontano dal mio soggetto. La macchina fotografica è come non averla in mano. Spesso scatto con una mano sola, utilizzando l’altra per tenere qualcosa, dare indicazioni, modulare la luce etc. Con la Fuji questo è stato impossibile: entrambe le mani devono tenere saldamente la fotocamera che, tra l’altro, dovendo lavorare a diaframmi molto chiusi (vedi sopra) necessita anche di tempi/Iso adeguati.
Anche tra un click e l’altro c’è un tempo tecnico molto differente da quello cui sono abituato: non è un “timing” che si adatta al mio modo di fotografare. Non sono uno che scatta a raffica, soprattutto se si parla di ritratto, però quando ho necessità scatto in rapida sequenza 3-5 anche 8 frames per cercare di cogliere ogni sfumatura espressiva.

Fuji GFX100

 

Dal punto di vista quindi dell’uso pratico, il mio sistema Olympus si è rivelato l’arma vincente per ottenere gli scatti che volevo. Per ergonomia, rapidità di uso, flessibilità di movimento etc non c’è stata proprio battaglia.

Ovviamente, e sottolineo l’ovviamente, dove mi attendevo davvero miracoli era nel file. Con la differenza di costi messa in gioco, la differenza di tecnologia, e tutto il resto, era lecito aspettarsi un abisso in termini di qualità.
E qui si torna al solito, eterno, annoso, discorso del “ma che cosa è la qualità di un file digitale?”.
Il file della GFX come era lecito attendersi ha una definizione inedita, che non avevo mai sperimentato prima. Una possibilità praticamente illimitata di ingrandire e croppare etcetc mantenendo una nitidezza incredibile: su questo aspetto, non c’è gara.

MA, a chi serve tutto ciò? Quando esattamente viene fuori la necessità di tutta questa definizione?
Ho provato a pensare ai miei lavori, ai miei clienti, alle mie reali esigenze, la risposta è stata, MAI.
Ma questo,  ovviamente, vale per me.
La risolvenza delle lenti Zuiko Pro è tale da permettere tutti i crop di cui necessito senza problemi. Se poi da una figura intera pretendo di avere un primissimo piano perfetto cambio focale, non scelgo di croppare. Anche come bilanciamento colori ho preferito di gran lunga il lavoro fatto dalla mia OMD (c’è da dire però che, ovviamente, in questo caso lavoravo nel mio ecosistema solito)
il lavoro di post-produzione, sui file ORF è stato incredibilmente più semplice: soprattutto nel ritratto, questa ultra-definizione, è qualcosa che va gestita e dosata, senza considerare le richieste di hardware per gestire la mole di dati sia in fase di lavorazione che archiviazione.

A video, e soprattutto sul web, non ci sono differenze apprezzabili tali da giustificare l’enorme diversità di costi tra i sistemi.
In stampa potrebbe ma solo in casi molto specifici, come potrebbe essere la necessità di stampe grandi (ma non grandissime come si potrebbe ipotizzare), per pubblicazioni di arte di grandi dimensioni da guardare a distanza ravvicinatissima o realizzazione di scatti scientifici o riproduzioni di opere d’arte da cui estrapolare vari crop.
Eppure, anche in questo contesto, la modalità Hi-res delle OMD che raggiungono gli 80MPX, permette prestazioni davvero vicinissime in termini di resa.

Insomma, alla fin fine della storia ho capito che la GFX100 è una macchina per alcuni versi incredibile, ma decisamente orientata, nonostante le sue fattezze, ad utilizzatori estremamente selezionati e con specifiche esigenze.

Tutto sommato ho avuto l’ennesima dimostrazione di aver scelto e trovato la mia dimensione e il mio formato fotografico ideali nel Micro4/3.

Testi e fotografie:  Ugo Baldassarre – www.ugobaldassarre.com
Modella: Route Omorodion 

Si ringrazia Universo Foto (www.universofoto.it) per la Fuji GFX100

 

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