Ugo Baldassarre

a cura di Domenico Valente

[Da diversi mesi, nello staff, circolava l’idea di fare a me una intervista. Onorato dell’idea ma impossibilitato, ovviamente, ad auto-intervistarmi, ho accettato di buon grado di sottopormi alle domande di Domenico Valente che inaugura così il suo ingresso attivo nella redazione]

Ugo Baldassarre, classe 1978, Altamurano di nascita e parmigiano di adozione, tutti ti riconoscono una grande professionalità e capacità di andare oltre la fotografia.
Discreto e mai invadente cerchi con uno stile personale e reportagistico di donare ai tuoi soggetti momenti da ricordare. Che si tratti di Wedding, Portrait o Street proprio come un fotoreporter cerchi racconti attraverso le immagini una storia.
Amministratore del gruppo Facebook Micro4/3 Italia e del blog ad esso collegato www.micro43italia.it cerchi di essere punto di riferimento per il sistema fotografico targato Olympus e promuovere la diffusione e la cultura della buona fotografia.

 

Cosa vuol dire per te “ scrivere con la luce”?
Scrivere con la luce è “tutto”. Significa usare la luce per dire qualcosa, trasformare una idea in un messaggio. La luce è l’inchiostro del fotografo, ma non basta averla a disposizione, bisogna anche saperne fare buon uso. Per molti usare la luce significa solamente trovare la corretta esposizione, ma non è così, o meglio non solo. La luce ha un peso nell’immagine, può spostare o meno l’attenzione dell’osservatore, va saputa usare sotto diversi punti di vista.
Molti fotografi si “accontentano” della luce che hanno a disposizione, invece credo che piegare la luce al proprio servizio sia la chiave per ottenere le foto più personali e rendere migliore la propria fotografia.

Se dovessi assegnarti una categoria, che tipo di fotografo ti definiresti?
Tutta la mia fotografia ruota attorno alle persone: che si tratti di eventi, ritratti o street, quello che mi interessa sono sicuramente le persone, le relazioni tra di loro, il modo in cui interagiscono con me e con il mondo. Anche se spesso le persone non compaiono nelle mie foto c’è sempre l’impronta umana che fa capolino.

Hai coltivato la passione per la fotografia fin da piccolo oppure è sbocciata in età adulta?
La passione per la fotografia è nata tardi. Per caso. Ormai più di 10 anni fa, ma non ero certo un ragazzino. E’ stata necessità. Avevo cambiato lavoro da poco e mi dovevo occupare proprio di fotografia in un negozio di elettronica di consumo. Ho iniziato a studiare l’argomento con passione e in brevissimo la fotografia mi è entrata dentro al punto da rivoluzionare completamente la mia vita.

C’è un episodio, una immagine, una figura, che ti ha fatto capire e spinto nella direzione del “fotografo professionista”?
Non ricordo nessun episodio in particolare, semplicemente piano piano mi sono reso conto che riuscivo a fare cose e che piacevano. Contemporaneamente le mie esigenze private stavano cambiando e c’era bisogno di dare una svolta alla routine quotidiana. Ho messo assieme le mie competenze lavorative con le capacità fotografiche e ho provato ad andare da solo per questa strada.

Pensi che il vero fotografo sia solo quello con la partita Iva?
La parola fotografo indica una gamma di utilizzatori molto ampia ormai. Il fotografo professionista è colui che pratica questa disciplina a scopo lavorativo, ossia per poter vivere e sostentarsi. Il suo approccio è quindi orientato allo svolgere incarichi su commissione; la p.iva è una condizione necessaria per poter lavorare, non un indice qualitativo. Il paradosso che si vive in questo periodo è che chi fotografa per diletto o passione tende a svolgere, tuttavia, le stesse mansioni di un professionista, invece che dedicarsi alla fotografia in maniera libera e personale. Ci sono bravissimi fotografi senza partita iva che si dedicano a progetti personali impensabili per un professionista e spesso sono proprio loro che aprono nuovi orizzonti a questa disciplina. Il perchè, invece, tanti fotoamatori vogliano “scimmiottare” i professionisti è un mistero che però sta creando grosse turbative.

In questi anni il divario tra amatori e fotografi professionisti si è quasi azzerato grazie anche a mezzi tecnologici sempre più performanti ed accessibili e addirittura ha visto la nascita di una nuova categoria, l’iPhonephotography. Dove pensi stia andando la “fotografia”?
Mi accorgo di aver già risposto in parte a questa domanda già nella precedente, ma è un argomento che mi sta molto a cuore per cui mi fa piacere spenderci molte parole.
Si parta dal presupposto che i tempi sono cambiati per tutti, e la necessità di avere fotografie nuove, in continuazione è diventata pressante. Questo, tuttavia, invece di dare slancio alla professione ha creato a propria volta una tale velocità di fruizione del media fotografico che la qualità ha dovuto lasciare posto alla quantità. Per tantissime attività, profili social etc, la qualità offerta da un buon smartphone è più che abbondante, considerando uso e tempo di fruizione di ogni singola foto. Il risultato è che il “fai da te” è diventata la norma: se a questo aggiungiamo tecnologie sempre più performanti a prezzi sempre più popolari, non è difficile vedere il quadro totale di una situazione sempre più complessa e frammentata. Personalmente sono contrario a questa corsa sfrenata tecnologica: tecnologie innovative vengono svendute per fare fatturato ma il mercato si è spappolato e non c’è più il tempo per sviluppare competenze specifiche che mantengano un buon valore nel tempo.
La mobile photography è proprio un nuovo linguaggio, è qualcosa di nuovo che non tutti hanno compreso: è un modo esprimersi in maniera istintiva utilizzando il media fotografico più semplice e intuitivo che abbiamo sempre a portata di mano.

Cosa cerchi di raccontare e qual’è il valore aggiunto che cerchi di trasmettere attraverso le tue immagini?
Il valore aggiunto che cerco di trasmettere con le mie fotografie, sono io. Cerco di raccontare le persone, le cose, gli eventi, dal mio punto di vista. E’ mio esserci, il mio partecipare che porta le persone ad agire e reagire in una certa maniera, pertanto la mia presenza è fondamentale per le mie foto. So che sembra banale, ma non è così.

La chiave del tuo lavoro possiamo chiamarla “empatia”?
Sicuramente è una caratteristica importante che ha a che fare con me e quindi, con il mio lavoro. Non so se sia il cardine principale, ma sicuramente è un elemento portante, perchè quando si toglie la tecnica, l’attrezzatura e qualche altra cosa che, bene o male, è riproducibile, quel che resta è “chi sei” e il modo in cui riesci a collegarti con i tuoi soggetti. E’ opinione comune dei miei soggetti e dei miei clienti l’essere stati messi sempre perfettamente a proprio agio senza subire la mia presenza. Capire le persone e le situazioni è fondamentale: spesso non c’è il tempo e l’occasione per poter creare la situazione perfetta, per cui bisogna gestire il tutto velocemente e con determinazione. Entrare subito in sintonia con gli altri è sicuramente di grande aiuto.

Da qualche tempo tieni anche workshop di ritratto, cosa vuoi trasmettere ai tuoi studenti?
Insegnare mi piace. Ce lo avrò nel sangue, forse, i miei genitori erano insegnanti. Mi piace condividere quel che so, con chi ha voglia di imparare da me. Insegnare mi costringe anche ad essere sempre in contatto con realtà nuove, conoscere persone differenti tra loro, e anche imparare da loro, perchè l’insegnamento non è mai a senso unico. Mi piace vedere e conoscere persone che apprezzano il mio lavoro e vogliono approfondire il mio lavoro e il mio approccio.

In un tuo post sul gruppo “micro4/3 Italia” ho visto parecchi libri di grandi Autori. Come nutri la tua curiosità e come trai ispirazione per le tue immagini?
La mia curiosità è limitata solo dal poco tempo che ho: sono abbastanza curioso a 360° e cerco ispirazione in qualsiasi situazione. I grandi autori sono certamente di ispirazione e mi piace, quando ho un po’ di tempo libero, godermi le loro opere comodamente seduto in poltrona o sul divano, prendendomi il tempo necessario per soffermarmi sui dettagli. Rivista di moda e attualità, divulgazione scientifica, serie tv, videogames… tutto concorre a dare qualche spunto e qualche idea. Sono convinto che investimenti in libri e cultura rendano più che un nuovo corpo macchina ogni 12 mesi.

 

A proposito di tempo, ispirazione, autori e immagini. ColornoPhotoLife è una manifestazione che negli anni è diventata riferimento non solo per la provincia di Parma, proponendo mostre, autori, workshop e conferenze di assoluto interesse nazionale. Quanto ti ha impegnato e arricchito questa esperienza e cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
Colorno Photolife è un festival che è cresciuto tantissimo in pochi anni, merito dello staff del circolo fotografico Color’s Light. Un paio di anni fa, Gigi (Montali) mi chiese se avevo la possibilità di partecipare, in maniera trasversale, con il gruppo Micro4/3 Italia. Le cose andarono così bene che quest’anno ci hanno dato moltissimo più spazio sia fisico che organizzativo. Esperienze di questo tipo mi avvicinano agli utenti, mi permettono di confrontarmi con la loro fotografia in maniera completamente differente. Vedere, e poter far vedere ad altri, le nostre foto stampate è davvero appagante. Certo, c’è molto lavoro dietro, ma la soddisfazione è sempre grande e non me ne pento mai. Per il futuro sarebbe bello entrare nel programma ufficiale del Festival. Vedremo….

Tutti ti conosciamo come profondo estimatore delle nostre amate Olympus, puoi raccontarci come ti sei avvicinato al sistema 4/3 e come contribuisce alla tua attività di fotografo?
Ho usato quasi qualsiasi brand, quindi al micro4/3 ci sono arrivato con convinzione. Avevo iniziato la mia attività professionale con E-System, per cui già conoscevo questo formato. Purtroppo lo sviluppo del 4/3 si arrestò e per un breve periodo migrai su un altro formato e brand. Quando uscì la prima EM1 e le prime ottiche professionali non ebbi dubbi e tornai su questo formato. Io credo che, fondamentalmente, il sistema Micro4/3 mi faccia differire da tantissimi altri. Non parlo di resa delle foto, files o quanto altro. Le mie Olympus mi permettono di lavorare in maniera diversa, più dinamica, mi costringono a fare cose in maniera diversa e questo lo trovo un vantaggio in un momento in cui serve esprimersi in maniera personale.Non mi è mai piaciuto seguire I trend, credo che l’aver abbracciato questo formato rientri in questo mio modo di pensare.

Hai un progetto nel cassetto, cosa vorrebbe fare Ugo da grande?
Un fotografo ha sempre un progetto nel cassetto. Sto lavorando ad un lavoro a lungo termine, dedicato alla mia terra (La Puglia) e in particolar modo alla contrada di campagna ove ha radici la mia famiglia e dove ancora adesso trascorriamo feste comandate tutti assieme. E’ un progetto a lungo termine che mi sta aiutando a capire tante cose di me e ricordare cose del mio passato.
Da grande Ugo vorrebbe continuare così. Lavorare con passione, avere occasioni di conoscere persone interessanti, posti nuovi, e allo stesso tempo condividere tutto questo anche con la mia famiglia.

 

Questa breve chiacchierata con te mi hanno fatto riaffiorare alla mente le parole di un grande artista e Maestro di fotografia:

Ognuno di noi interpreta la realtà attraverso la propria cultura che è, come spesso mi piace citare, ciò che rimane quando si è dimenticato tutto. Quando si fotografa si sceglie una porzione di mondo che già ci appartiene e che viene letta attraverso il filtro di ciò che ognuno di noi è. In altre parole si può dire che scattiamo una fotografia quando incontriamo e riconosciamo noi stessi.”

©Nino Migliori

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